
Alessandro Barbato (Roma, 1975) dopo la laurea in lettere, ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in antropologia sociale presso l’EHESS di Parigi dedicandosi allo studio dei rapporti tra nuove scienze umane e letteratura, in particolare nell’opera di Michel Leiris e Pier Paolo Pasolini. Ha pubblicato su tale tematica diversi saggi, in lingua italiana e francese, e una monografia.
Ha pubblicato anche poesie su rivista e nel 2019 la silloge Il fiore dell’attesa, confluita nel 2020 nella raccolta Solamente quando è inverno, pubblicata in formato ebook da Ali Ribelli Edizioni. Attualmente insegna materie letterarie presso le Scuole Ebraiche di Roma.
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Non ho semi più da piangere
per gli inverni nel mio petto.
Non ho più la vista buona
né vapore per le navi
che si arenano negli iridi,
si strusciano alle palpebre
di nottate sempreverdi.
Se mi musica il silenzio
vengo ancora tra i tuoi canti,
tra le umide pareti dei tuoi giorni,
per raccoglierti in scintille
che già paiono ricordi.
***
Eternità private
Le mie parole d'acqua si rinnovano
ogni autunno, mentre solo un dubbio
è l'oro che si irradia su cammini
di promesse sotterrate
e di capelli che si sciolgono.
Abbiamo guizzi ancora di ricordi
di silicio e un bagnasciuga
adesso vuoto che ci mormora
fonemi inaccessibili ai cultori
delle eternità private
che si incontrano sui treni
insieme a qualche pendolare.
Avremo del futuro tutte quante
le movenze e poi una voce
che non tace, pure senza dire niente.
***
Quanto basta
Scompariremo piano
come il filo d'una barca
penzolante sfugge puro
all'orizzonte. Saprà scavare
nella nostra sete questo eterno
chiacchiericcio delle onde
che ci inchioderà alla riva
tra la schiuma delle storie
di cui sono zuppi i mari.
Noi no, parole non avremo,
diremo quanto basta, qualche volta,
in un respiro pieno.