CONTEST POETICO "PENNINO D'ORO 2021"

Gabriella Paci è nata a Cortona ,in provincia di Arezzo. Ha conseguito la maturità classica nel liceo “F.Petrarca” da Arezzo e la laurea in “storia e filosofia “ nell’Università degli studi di Firenze.
Vincitrice del concorso a cattedre subito dopo la laurea,ha insegnato fino al 2020 in un Istituto superiore della sua città.
Da sempre appassionata di letteratura in ogni sua forma espressiva, ha scritto e diretto, a livello amatoriale, alcune commedie realizzate a livello scolastico. Ama leggere e viaggiare,meglio se in terre esotiche. Solo da pochi anni scrive in modo più o meno continuativo, poesie : da quando ha sentito più fortemente l’esigenza di dare voce per condividere emozioni, sentimenti ed opinioni ritenendo la poesia l’espressione più immediata capace di cercare o di dare risposta ad inquietudini ed al fluire del pathos.
Ne sono derivati ,nel tempo, raccolte quali :”Lo sguardo oltre…”edito da Aletti nel 2015; ”Onde mosse “edito da Effigi nel 2017 ed infine “Le parole dell’inquietudine “edito da LuoghInteriori nel 2019 e “Sfogliando il tempo” edito da Helicon nel 2021.
Tutte le sillogi contengono un consistente numero di poesie vincitrici di concorsi nazionali ed internazionali e gli stessi libri hanno ricevuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti.
Fa parte di “Italian poetry “, di Wiki poesia di cui è membro fondatore e di “Poetas du mundo”. Le sue poesie sia edite che inedite,sono presenti in varie antologie e sono state pubblicate su riviste letterarie quali “Luogos “ del “Giglio blu di Firenze , Euterpe e ”Buonasera Taranto.”
Ti ho riconosciuta madre
Ti ho riconosciuta madre,
quando bambina ero
di te quasi appendice
e quando tu mi sei
diventata figlia.
Io sono stata per te
come tu prima di me
grembo spalla e mano
da cui ricevere difesa
per respingere il tempo ostile
far sì che l’onda inesausta
non trascinasse via l’ancòra.
Ti ho riconosciuta madre,
quando hai fatto sì
che la tua fragilità bambina
e il tuo pianto sconsolato
diventassero la mia forza,
diga contro la marea delle
mie malcelate inconsistenze.
Ti ho riconosciuta madre,
nel sorriso dolce e mesto
della tua ultima istantanea
posata sulla consolle degli
affetti dove niente potrà mai
ossidarne l’impalpabile lucentezza.
Ti ho riconosciuta sempre
dovunque e comunque
nella forza di un legame
chiamato
amore.
***
A mio padre
Come pianta cresciuta senz’acqua
sei restato in disparte sui bordi
evitando strade larghe ai passaggi
nel timore d’un tempo indomabile.
Ombroso e assorto lo sguardo
anche nello sfolgorìo del sole africano
a scansare gli eccessi di troppa
vita che, liquida, sfugge dalle dita.
Silenzi le tue parole d’amore
affacciate negli occhi e nei gesti
nel pudore di un sentire fanciullo
avvezzo alla perdita della conquista.
Eri semplice e contorto come
ulivo dai sapidi frutti
cresciuto in fretta su pendii
ma che dona paesaggi di pace
anche se la pietra è dei luoghi regina.
***
Forse è solo la pioggia
Nel camino dei sogni oramai
non arde più la fiamma:
resta solo qualche pugno di cenere
a ricordo dei giorni bruciati
alla ricerca di un senso al cammino.
E’ cippo caldo di occasioni perdute,
risposte mancate, sogni non spesi
quello che resta nella scintilla
che balugina ma che non scalda
il buio della notte che avanza.
Resta il grigio che scende nel cuore
e negli occhi dove hanno posto
aghi di pianto e di rimpianto…
o forse è solo la pioggia triste
in questo giorno d’inverno senza colore
a spegnere anche una sillaba di luce.